mercoledì 14 dicembre 2011

DUE ANNI DOPO L'AQUILA: Per un'Italia unita e Libera

20 DICEMBRE 2011 - ORE 20:00 - SALA CIRCOSCRIZIONALE di POVO  
RACCONTI, STORIE, IMPRESSIONI ED EMOZIONI!
Partiamo da qui per rompere, due anni dopo, il silezio dell'Aquila! 
VENITE A SENTIRE L'ESPERIENZA DI 12 RAGAZZI TRENTINI A L'AQUILA!
 

martedì 8 novembre 2011

L'AQUILA DUE ANNI DOPO
__21-24 ottobre 2011_ 

PRIMO GIORNO - 21.10.2011
Trento, 21 ottobre 2011 partenza per L’Aquila….L’Aquila? Cos’è L’Aquila?

Nelle nostre teste riaffiorano le immagini viste in tv del terremoto:le case distrutte,la casa dello studente collassata,il calvario delle tendopoli,le famiglie disgregate,l’esuberanza del progetto C.A.S.E e la sfilata del G8. Ma è solo questo? Dalla nostre voglia di sapere nasce la volontà di partecipare al progetto “L’Aquila 2 anni dopo”. Preparato lo zaino siamo pronti per partire! Il nostro zaino è pieno di aspettative e paure. Ci aspettiamo di vedere macerie, di parlare con la gente,ascoltare le loro storie,conoscere i magheggi e le problematiche della ricostruzione. Abbiamo la voglia di accendere una luce sull’accaduto per vedere quanta ombra lo avvolge.

Ore 22 arrivo a Paganica. Siamo calorosamente accolti da Cristina,volontaria di Libera,in un modulo abitativo adibito a biblioteca. Calano le luci e avvolti dalla cultura ci addormentiamo con la gran voglia di intraprendere questa esperienza.


Sara,Martina,Manuel 

SECONDO GIORNO - 22.11.2011
Giornata molto intensa.
In mattinata incontriamo Angelo Venti, giornalista di Libera, il quale ci accompagna in Tribunale per assistere ad un’udienza del Processo Grandi Rischi. Ma non un normale tribunale, bensì una sede provvisoria posta nel cuore di una zona industriale.
Alle testimonianze prendono parte dei cittadini ai quali sono morti dei parenti la notte fra il 5 e il 6 aprile 2009, che raccontano come i loro cari si siano fidati delle parole di coloro chiamati “esperti”.

La controparte infatti è la Commissione Grandi Rischi, la quale aveva garantito che non ci sarebbero state scosse più violente di quella del 30 marzo. Tutto ciò ci ha aperto gli occhi all’informazione trasmessa ai cittadini durante i giorni precedenti alla grande scossa.

Nel pomeriggio ci dirigiamo verso il Teatro Nobel per la Pace di San Demetrio Ne’ Vestini. Qui troviamo Giancarlo, il quale ci introduce la storia del teatro e del retroscena del terremoto. Sembra tanto una descrizione della vita civile durante la guerra: filo spinato attorno alle tendopoli, coprifuoco, alzabandiera, militarizzazione del territorio, divieti di transito tra le varie tendopoli, disgregazione dei nuclei familiari e dei rapporti tra cittadini, e molto altro ancora.

…ma queste sono tendopoli o campi di concentramento???

In seguito Angelo ci mostra un documentario contenente tutte quelle informazioni che non sono passate a livello nazionale: le parole del manuale della Protezione Civile, la completa assenza di un piano d’evacuazione e di un punto d’incontro della città, tutti gli aspetti del “progetto C.A.S.E.”, la rimozione completa dei poteri delle autorità locali, e per finire una delle frasi più significative: “Sovrano è colui che decreta lo stato d’emergenza”.

In serata Angelo ci conduce attraverso le rovine e le vie deserte del centro storico de L’Aquila, la città fantasma. Troviamo scandaloso il fatto che dopo due anni non sia stato ancora iniziato un lavoro di ricostruzione o restauro del centro storico.

Ciò che rimane nel nostro animo non è che un silenzio pieno di rabbia e indignazione. 

Ambra, Elena, Maddalena

TERZO GIORNO - 23.10.2011
Nella giornata di oggi, grazie all'aiuto di persone locali, abbiamo potuto scoprire la realtà di alcuni paesi colpiti dal tragico sisma del 6 Aprile.
Il primo luogo nel quale ci soffermiamo è Onna, un piccolo centro non più abitato il quale ha il triste primato di aver il maggior numero di vittime rapportate al numero di abitanti...si pensa sia colpa dell'eccessiva “tranquillità” instaurata, dai messaggi rassicuranti che la televisione passava, negli abitanti.

“Entriamo nella zona rossa di Onna; camminiamo tra le macerie di una città oramai morta. Sembra che il tempo si sia fermato a quel fatidico giorno.
Bottoni tra le ramaglie, vestiti fra le macerie, pezzi di vita sotto cumuli di terra che cercano disperatamente l'aria...

tutto è immobile, come se il tempo abbia interrotto il suo corso per osservare con noi tutta quella distruzione.
Cristina, una ragazza che collabora con “Libera” parla con rabbia...siamo in cerchio attorno a lei, in una specie di piazza ove una volta c'erano delle case.
Le sue parole rimbombano tra i mezzi muri rimasti; ci trasmettono angoscia, paura, agitazione e rabbia...tutto ciò che ha vissuto in quei momenti...ci immedesimiamo in ciò che dice..le sue parole ci accompagnano attraverso i suoi ricordi...
Un silenzio surreale ci fa da cornice...
Tutta la zona è come un grande libro. Frammenti di vita sono sparsi ovunque...ogni pietra, ogni singola pietra avrebbe la sua storia da raccontare, se solo potesse parlare.

Abbandoniamo quel piccolo luogo carico di memorie solamente per addentrarci nella medesima realtà, distate solo pochi kilometri...il centro di Paganica.
Dagli spazi aperti lasciati dalle case crollate, passiamo ai vicoli gelidi sparsi di detriti e lacrime, dolori e speranze.
Non è vero ciò che dicono giornali e telegiornali; non è verò che la città è rinata...
La vera città è ancora li, distrutta, allora come oggi, sotto il cielo nuvolo d'una frigida giornata d'Ottobre.
Le armature dei muri sferzano l'aria col loro fare arrugginito e contorto...
Come una mano protesa verso l'infinito alla ricerca d'aiuto, le case, le mezze case, restano la...”

Nel primo pomeriggio ci spostiamo verso il centro dell'Aquila, dirigendoci alla Basilica di Collemaggio; è una costruzione imponente. Entriamo. Sembra ancora più immensa vista dall'interno.
Appare però come una bestia malconcia...ogni pilastro, ogni pertugio della basilica è sorretto da pali di sostegno. Parte del tetto è crollato. La visione è tanto imponente quanto angosciante.
Un colosso indifeso, ecco cos'è la basilica...


Tornati all'aria aperta, in pochi minuti di cammino ci troviamo in un complesso di “baracche” completamente autogestito dai giovani dell'associazione 3e32. L'insieme trasmette un aria di trasandato, ma questa non vuole essere una critica negativa! I ragazzi sono molto ospitali, e ci invitano a contattarli se dovessimo avere bisogno di qualcosa.
Lasciato per l'ennesima volta alle spalle un altro luogo, ci dirigiamo verso L'Aquila vera e propria; l'Aquila della distruzione, l'Aquila della ricostruzione, l'Aquila delle false promesse e dei desideri sepolti...l'Aquila. Camminiamo, camminiamo, e ancora camminiamo...è difficile credere a ciò che si vede.
Il tuo cervello lavora, si sforza di capire; lo senti che ti parla...ti dice “non è possibile, è passato molto tempo da allora! C'è sicuramente un errore...questa non è l'Aquila!”. Ma non c'è filtro sui nostri occhi...ciò che vediamo è la realtà.
Arrivo in fondo ad una strada, arrivo a due passi dalla recinzione...il cartello, tutto tronfio grida a gran voce “ZONA ROSSA! DIVIETO D'ACCESSO!”. Mi volto a destra, un suo simile lo imita in tutto per tutto. Mi volto allora a sinistra, deve pur esserci una via di fuga; e invece no: altro cartello, stessa solfa. Sono in un vicolo cieco dal quale non si può scappare. Mi è negata ogni possibilità di scelta. O si torna indietro, o si soccombe.
Pattuglie di militari zampettano qua e la, ormai anche loro come i cartelli sono diventati parte integrante dell'Aquila.
“Cos'è l'Aquila?” ti chiedi...”l'Aquila, beh...non so...non saprei...è difficile da definire...è tutto...è niente...l'Aquila...cantieri, menzogne...fucili e barricate...”
Troppi pensieri, troppe idee invadono la mente; come troppe sono le macerie che invadono ancora i vicoli e le case...

”scusi, il bagno?”

“seconda voragine a sinistra, sotto il pilastro crollato, fra le tegole e la croce venuta giù dalla chiesa. Oh, mi scusi, credo di aver finito il sapone.”

“Grazie”

“Si figuri”



No, non è accettabile tutto questo...
Il troppo pensare porta una leggera emicrania...i troppi pensieri fanno la ressa per essere presi in considerazione, sono troppi...nemmeno la mente riesce   a  decifrarne uno che subito ne subentra prepotente un altro. É il caos, non  si capisce più nulla...persone, urla, lamenti, pianti, macerie, rumore, buio, grida,  feriti, morti, disperazione BASTA!!!
.

.ed il resto, è solo silenzio.

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Usciamo dall' Aquila in direzione di quella che sarà l'ultima meta della giornata: Tempèra. Prima di arrivare a destinazione però, ci fermiamo pochi minuti alla “casa dello studente”. Anche qui è tutto recintanto. Che ci aspettavamo??

è una vista impressionante...una parte del palazzo è crollata come se fosse stata tagliata di netto da una lama affilatissima. Si riesce ad intravedere qualcosa negli spazi lasciati dalle porte crollate insieme al resto del palazzo. 
Una sedia, una tavolo, una giacca, una macchinetta del caffè...sono fermi in attesa che torni qualcuno ad accudirsi di loro, ad utilizzarli. Nessuno tornerà.



Ancora una volta partiamo, ancora una volta viaggiamo, ed ancora una volta,  ci fermiamo. Tempèra.

Qui ci accoglie Andreino il quale ci accompagna all'interno della zona rossa raccontandoci vari aneddoti.
Fermi in una piazzetta, Andreino ci mette al corrente di un piano di demolizione e ricostruzione pensato e voluto dai cittadini.
Lui, insieme ad altri, nutre una forte speranza di riuscita di quest'ultimo, in quanto il tempo impiegato per metterlo su carta è stato decisamente tanto! Ci racconta con fondato ottimismo i suoi desideri, ed un possibile futuro. Parla di quella terribile notte, e del giorno seguente...ci accompagna attraverso questa jungla di macerie così familiare ma allo stesso tempo così distante...
Parla; tenta di far rivivere ai nostri occhi la realtà...

Dobbiamo molto a tutte le persone che ci hanno accompagnato in questo limbo. A tutti coloro che hanno messo a disposizione il loro tempo ed i loro ricordi per noi, uno sparuto gruppo di ragazzi preparato alla vita quanto lo è un

neonato alla morte.

Grazie



Alessio, Maddalena, Deborah


QUARTO GIORNO - 24.10.2011
È tempo di ripartire, di rimettere nello zaino quello che c'eravamo portati dietro e aggiungerci quello che abbiamo raccolto qui.

Ma prima di riprendere la strada per il nord è giusto fermarsi un attimo a pensare e parlare, è giusto prenderci un momento per il confronto a caldo, per la comunione dei sentimenti e delle emozioni provate durante il nostro breve viaggio in questa splendida città ferita.

E ne vale davvero la pena, il momento di confronto risulta bellissimo e denso, e soprattutto ci lascia una certezza;

Siamo pronti per tornare a casa e raccontare, e fare testimonianza attiva di quello che abbiamo visto e sentito raccontare.

Poi è tempo di partire, ancora una tappa alle "99 cannelle", ancora uno scorcio dell'Aquila e via.

Il viaggio scorre veloce fra chiacchiere, ragionamenti e risate fino a Trento, fino a casa.

Ci sarà tempo per rielaborare e pensare alla riproposizione, per ora possiamo dire che ne è proprio valsa la pena.



Matteo
 








giovedì 13 ottobre 2011

La CORRUZIONE e l' EVASIONE UCCIDONO la DEMOCRAZIA



Cronaca locale

12.10.2011
CAMORRA, IL RACKET DEI FIORI A TRENTO
Spedizione punitiva contro un ambulante che non comprava dai clan.
(http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2011/10/12/news/camorra-il-racket-dei-fiori-a-trento-5125535)

Camorra, il racket dei fiori a Trento
TRENTO. La camorra torna ad affacciarsi in Trentino. Questa volta un clan che aveva messo le radici a Firenze voleva mettere in piedi un vero e proprio racket dei fiori. C'è stata anche una spedizione punitiva ai danni di un ambulante che si rifiutava di comprare i fiori dai fornitori affiliati al clan camorristico. Due camorristi sono saliti a Trento per dare una lezione all'ambulante. Per fortuna non lo hanno trovato, così si sono sfogati sul suo carretto, rubandolo e gettando i fiori e le piante.


La notizia ha creato allarme perché già camorristi vicini al clan dei casalesi avevano preso di mira alcune aziende in difficoltà. In quell'occasione vennero arrestate 28 persone dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia. Questa volta ad agire, invece, sono state la Procura di Firenze e la Guardia di Finanza. In questo caso, il clan coinvolto era quello dei Lorusso-Mauro attivo nei quartieri Santa Lucia e Pallonetto.


Il clan aveva cercato di convincere un ambulante campano attivo a Trento a comprare fiori da loro. L'uomo, però, ha rifiutato dicendo che non intendeva cambiare fornitori. Il clan, invece di rinuncia, ha inviato a Trento due picchiatori che dovevano dare una lezione all'ambulante. Per fortuna, i due, non hanno trovato il commerciante che, forse, si è accorto che stavano arrivando. Hanno trovato, invece, il suo carretto. Lo hanno rubato e hanno sparire i fiori. L'ambulante, quindi, ha evitato una dura lezione. Poi, il clan è stato distratto da problemi a Napoli e poi sono arrivate le manette.


Le fiamme gialle hanno eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di estorsioni e usura, aggravati dall'utilizzo del metodo mafioso. L'organizzazione criminale, radicatasi da tempo nel territorio toscano, è risultata costituita da persone considerate già appartenenti a famiglie satelliti aggregate a clan camorristici di Napoli, affiancati da altri, italiani e stranieri, residenti nella provincia di Firenze.

mercoledì 12 ottobre 2011

Memoria ed Iniziative - 2010

22.03.2010 
CONCLUSA LA PRIMA SETTIMANA DELLA LEGALITA'

Si è conclusa con la XV giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittimime delle mafie la settimana della legalità.
Un percorso che ha portato Libera Trentino Südtirol a promuovere i valori della legalità e della memoria in regione e a far sentire la nostra solidarietà partecipando alla manifestazione di Milano.
La fiaccolata è risultata essere uno dei momenti più significativi, come rilevano Alessandro, sulle pagine di Trento Attiva, e i ragazzi dell’associazione LIMEn .
Emozionante è stato anche il grande abbraccio che Libera e Don Ciotti hanno riservato alla manifestazione di Milano.
Al corteo, che si è concluso con le letture dei nomi delle vittime di tutte le mafie, hanno partecipato numerose associazioni, enti ed istituzioni. Ecco un breve resoconto della giornata che il coordinamento della nostra regione ha vissuto.


Francesca Zeni ricorda Giuseppe Fava:

“Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.”


Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia a Catania il 5 maggio 1984.



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BENI CONFISCATI ALLE MAFIE E LIBERA TERRA
di Irene Allegranti.
MILANO 20 marzo 2010 – L’incontro si è tenuto in una sala nascosta nei pressi di un grande supermercato Coop, una sala denominata “scopriCoop”, tre le cui mura l’imprenditoria promuove regolarmente attività culturali e occasioni d’incontro.
Il tema: BENI CONFISCATI ALLE MAFIE e loro impiego.
I relatori hanno messo in risalto l’importanza fondamentale di dare una nuova destinazione ai beni immobili sequestrati, che sono in Italia circa 9.000, i 2/3 dei quali inutilizzati o non efficacemente gestiti.
Il sequestro di un bene è un simbolo potentissimo, segna per la gente la sconfitta di un potere considerato invincibile; ma per rendere concreta la vittoria, almeno di una battaglia, è necessario mostrare che quello spazio può essere organizzato in modo da portare benefici alla collettività.
Questo è il progetto che i soci di “Cooperare con Libera Terra” si stanno impegnando a realizzare. Libera Terra ha provveduto a corsi di formazione professionale, avviamento della filiera produttiva, commercializzazione dei prodotti nella fase di “start-up” di diverse neonate aziende agricole dislocate in varie regioni del mezzogiorno; con risultati sorprendentemente positivi sia sul piano economico che su quello sociale.
Approfittiamo dei beni confiscati per costruire insieme una nuova economia” sul territorio, pertendo dagli attori locali, per aiutarli a costruire una comunità all’insegna del legale. Di questo aiuto c’è bisogno, perchè lo scontro tra popolazione e mafia è una lotta impari; tuttavia è imperativo che gli “attori locali” (come sono stati definiti) siano protagonisti del processo di rinnovamento. Non si tratta di elargire donazioni: i soldi servono, ma i cambiamenti che  questi portano dipendono dalla loro applicazione.
Si deve ritessere l’ordito della società.
Un ottimo modo per rispondere concretamente a questa esigenza è creare possibilità di occupazione e sviluppo economico-imprenditoriale.
Perchè non prorpio partendo dai beni confiscati? Verso la “confisca” alle mafie di tutto il tessuto sociale.




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27.03.2010
L'OMBRA DELLA MAFIA IN TRENTINO


Forse il termine mafia ancora non fa paura in Trentino.
Forse si pensa ad un fenomeno culturale che appartiene a terre lontane, non certo a questo territorio.
Eppure, tra aziende in difficoltà e strane società finanziarie, qualcosa si muove.
Sono passati ormai 3 anni dal fatidico 2007, quando uscì un report di Libera che dichiarò dell’esistenza di 17 beni immobili sequestrati alle mafie, ed ecco rispuntare un altro inquietante segnale giuntoci dall’Agenzia delle Entrate e dal CNEL, Secondo i quali 15 attività imprenditoriali facevano riciclaggio di denaro mafioso.
Octopus- Original Unphotoshopped Version - di Len Peralta - Rilasciata sotto licenza Creative Commons

Il tutto spiegato in questa importantissima segnalazione de Il Trentino.



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14.04.2010
INTIMIDAZIONI A DON CIOTTI ED ALLA COOP VALLE DEL MARRO
Un atto intimidatorio è stato compiuto, a Gioia Tauro, ai danni della Cooperativa Valle del Marro di Libera Terra di don Ciotti che gestisce, a scopi sociali, un terreno confiscato alle cosche della ‘ndrangheta.
Ignoti sono entrati in un capannone mettendolo a soqquadro, quindi hanno preso un furgone col quale sono passati sul fondo agricolo per poi parcheggiarlo davanti al capannone. E’ l’ennesima intimidazione ai danni della cooperativa.

Il primo aprile scorso, i banditi avevano forzato il lucchetto della porta del capannone. La notte dell’8 marzo, era stata rubata a Polistena l’auto del vice presidente della cooperativa, abbandonata poi Rosarno ridotta ad una carcassa. Nel settembre 2009 era stata presa di mira la sede operativa dell’azienda, a Polistena, con il furto di tutte le motoseghe e i decespugliatori.
“Le intimidazioni contro la cooperativa – ha commentato don Luigi Ciotti, presidente di Libera – provoca disorientamento e fatica. Tuttavia, al di là delle loro intenzioni, questi continui gesti vili sono un buon segno. Sono la riprova del positivo che in Calabria stiamo cercando di costruire anche grazie alla preziosa opera di magistratura e forze dell’ordine, dell’associazionismo, del mondo cattolico e di molte amministrazioni attente. E’ un positivo che allarma e infastidisce chi vuole continuare a imporre le logiche della violenza e del profitto illecito. Un positivo che dovremo alimentare giorno per giorno con il contributo di tutti: cittadini e associazioni, istituzioni e chiese”.
“La lotta alle mafie e alle organizzazioni criminali – ha aggiunto don Ciotti – si snoda lungo un percorso tortuoso, spesso in salita, che richiede continuità, coerenza e strategie volte non solo a reprimere i fatti criminali ma a sradicare, attraverso proposte sociali e culturali concrete, la mentalità mafiosa che sta alla base di questi fatti. I tentativi di intimidazione non hanno fermato in passato né fermeranno la scelta, l’impegno, la determinazione di Libera e della sua rete nell’opera di restituzione alla collettività in Calabria come in tante altre parti del Paese, di quanto le mafie hanno sottratto con la violenza e la minaccia”.
Libera Trentino – Südtirol si stringe intorno a Don Luigi Ciotti e alla Cooperativa Valle del Marro, di Libera Terra a Gioia Tauro. Siamo con voi!




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17.03.2010
L'ATTENTATO AL GIUDICE CARLO PALERMO: UN BUCO NELLA MEMORIA
Oliviero Beha, ricorda quell’attentato e lo fa con Carlo Palermo, oggi avvocato a Trento eMargherita Asta, testimone di giustizia per Libera, l’associazione di Don Ciotti ma soprattutto unica figlia superstite di Barbara, rimasta uccisa con gli altri suoi due figli nell’esplosione di quel tragico giorno.
Insieme a loro il giornalista de La Sicilia Rino Giacalone.
Il video dell’intervista in questa puntata di Brontolo.
La storia dei fatti di Pizzolungo e del giudice Carlo Palermo sono raccontate anche da Carlo Lucarelli in questo video.





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24.04 e 25.04 2010 
ROVERETO E TRENTO NELL'IMPEGNO E NELLA MEMORIA
SABATO 24 APRILE a Rovereto, in Piazza Malfatti 19, nello spazio Pop Up Hub, nel contesto del festival delle città impresa (http://www.festivaldellecittaimpresa.it/) Libera TAAS ha organizzato un incontro pubblico con Pino Masciari, imprenditore calabrese oggi testimone di giustizia, che ha vissuto diversi anni in Trentino sotto copertura. L’incontro sarà preceduto da un delizioso aperitivo con i prodotti d Libera Terra.
L’aperitivo inizierà alle 19.00; alle 19.30 è previsto l’inizio dell’intervento di Pino.
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DOMENICA 25 APRILE Libera TAAS sarà presente a Trento in Piazza Dante con un banchetto informativo all’interno della celebrazione della Festa della Liberazione organizzata da ANPI, ARCI, Terra del Fuoco e Unistudent, con il Comune di Trento, Assessorato alla Cultura Turismo e Giovani, la Cgil del Trentino e la Provincia Autonoma di Trento.
Alle 17.30 ci sarà inoltre la possibilità di conversare con alcuni ex partigiani in tre bar del centro storico, e alle 19.30 ci sarà una fiaccolata, “Luci di Resistenza”.




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30.04.2010
MASCIARI:VOCE DI GIUSTIZIA
E’ stato un aperitivo intenso quello organizzato da Libera Trentino Alto Adige sabato 24 aprile grazie alla disponibilità dello spazio Pop Up Hub di Rovereto all’interno del Festival delle Città Impresa. Un aperitivo con bevande e stuzzichini dal marchio Libera Terra ma, soprattutto, in compagnia della storia di Pino Masciari, imprenditore calabrese che ha deciso di denunciare i sui sfruttatori mettendo la sua vita e la vita della sua famiglia al servizio della legalità.
Un bel resoconto della serata è apparso su Italiani, ripreso dal blog dell’associazione TrentoAttiva.
Ecco a voi!
Di Alessandro Iavicoli – Dal blog di TrentoAttiva:
Porta sempre con sé un plico di carte di grande spessore. Sono articoli di giornale, istanze parlamentari, denunce e altri documenti utili. Nel suo taschino, invece, un paio di occhiali da lettura. Pino Masciari è un imprenditore edile calabrese, ormai noto ai più come il testimone di giustizia.
Da quando ha denunciato il malaffare della criminalità organizzata, in seguito alle richieste di estorsione, la sua vita è cambiata. In Calabria praticamente tutti pagano il pizzo, per imposizione della ‘ndrangheta, ma nessuno ne fa parola. Molti negano, altri si allineano. Pino Masciari rompe quel muro del silenzio e quell’omertà degli imprenditori, “sfida” la ‘ndrangheta, denuncia i suoi estorsori e quella parte di politica collusa e connivente alle associazioni mafiose, rivolgendosi alle istituzioni per chiedere il rispetto dei propri diritti e il rispetto della legge dello Stato. La debole risposta è quella di spostare il testimone e la sua famiglia “altrove” e dopo 10 anni Pino rompe un altro muro rivolgendosi alla Società Civile per sopperire alle mancanze ed alle garanzie che lo Stato non è stato in grado di assicurargli. Inizia così una nuova vita per Pino che esce allo scoperto raccontando in giro per l’Italia la necessità di risvegliare le coscienze affinché i cittadini non si pieghino di fronte all’illegalità diffusa, all’omertà e alle ingiustizie perpetrate dalla mafia, alimentate anche dalla scarsa presenza dello Stato sul territorio calabrese, e cerchino invece di combattere, uniti e consapevoli, per loro e per la nuova generazione.
Siamo a sabato 24, Pino Masciari è ospite dai ragazzi di Libera Trentino – Alto Adige – Südtirol, ramo locale della nota associazione antimafia, i quali organizzano un incontro pubblico a Rovereto nello spazio Pop Up Hub, nel contesto del festival delle città impresa.
Ad assistere ci sono soprattutto giovani. Dà l’inizio Licia Nicoli, referente di Libera TAAS, introducendo brevemente le motivazioni che hanno portato alla nascita del gruppo locale e alle ragioni per cui è necessario diffondere la cultura della legalità, “ricreare una coscienza civica per tornare a parlare dei diritti e difesa della legalità”, poi la parola all’ospite d’onore della serata. Pino racconta la sua realtà pre-imprenditoriale, lo Stato latitante in Calabria e le condizioni di lavoro degli imprenditori, nonché il metodo raffinato e sottile con cui la criminalità acquisisce il controllo del territorio e delle imprese locali fino all’esplicita richiesta estorsiva: il 3%. Inoltre subisce una richiesta analoga da quella parte delle amministrazioni locali colluse, le quali chiedono addirittura il 6%.
A quella richiesta ed alle minacce che ne seguono, gli imprenditori e i semplici commercianti di solito si adeguano. Pino invece si rifiuta fermamente di pagare il pizzo e la criminalità tenta di imporsi con i metodi violenti e silenziosi che la qualificano: all’imprenditore in persona ed alle persone a lui vicine vengono lanciati i primi segnali di avvertimento e si fanno concrete le minacce che vanno dai danni materiali alle violenze fisiche (in particolare, per quantificare la pericolosità del sistema, ricordiamo che la ‘ndrangheta sparò alle gambe di uno dei fratelli dell’imprenditore). Contemporaneamente, la parte politica utilizza il sistema meschino di rallentare le attività burocratiche, impedendo di fatto lo svolgersi delle normali attività interne alla pubblica amministrazione e lasciando così le imprese isolate.
Il messaggio è chiaro.
Non si tratta solamente di una questione economica. C’è in ballo qualcosa di molto più grande come il controllo del territorio. Il prezzo da pagare, imposto come pizzo ovvero come una sorta di tassa monetaria, è in realtà la garanzia di sottomissione dell’imprenditore rispetto ai clan che comandano la zona e detengono il potere esercitandolo anche a favore di coloro che non si oppongono al sistema e, di fatto, pagando il pizzo lo alimentano facendone parte passivamente. Queste le parole di un ristoratore intervistato dal noto giornalista Curzio Maltese:
Sì, pago il pizzo. Pago anche le tasse, più o meno, e che cosa ricevo in cambio? Lo Stato non mi garantisce la sicurezza. I trasporti fanno schifo. Se si ammala mio figlio prendo l’aereo e vado a Bologna, perché all’ospedale l’altra volta mi sono dovuto portare le lenzuola e medicinali. Poi pago il pizzo, certo, ma nel mio locale non entra un mendicante, la finanza non fa controlli e se mi rubano l’auto me la fanno ritrovare il giorno sotto casa. Per il servizio che offrono, non sono neppure cari.”.
D’altra parte l’alternativa qual è? fare la fine d Pino Masciari?
Intendendo, appunto, che lo sforzo richiesto ad un imprenditore è insostenibile. Quanto letto, purtroppo, è la conseguenza di una delle grandi vittorie della ‘ndrangheta, che è proprio la diffusione di questa mentalità. Non è più una questione di sola omertà, di paura e terrore, di sicurezza; ma di convenienza. Pino Masciari, forte di un educazione volta all’alto senso di Stato, si rivolge invece alle istituzioni: fiducia incondizionata nei confronti dello Stato. Successivamente, a causa delle continue pressioni di criminalità e politica collusa, non potendo decidere in totale libertà e serenità per le proprie imprese è costretto a licenziare i suoi dipendenti e denuncia le intimidazioni, le estorsioni subite e, cosa più importante in assoluto, fa i nomi e i cognomi dei ricattatori. La conseguenza è che, percepito il reale ed imminente pericolo di vita la D.D.A. non è in grado di garantire l’incolumità di Pino e della sua famiglia e considerato l’alto rischio a cui va incontro rende necessario inserirlo in un programma speciale di protezione antimafia.
Da quel momento Pino Masciari e la sua famiglia “scompaiono” per fuggire dal pericolo che li insegue. Nuova identità, nuova vita, nuova casa.
Ma in realtà il sistema di protezione è pieno di contraddizioni e di falle ed in effetti non è di “protezione” che si può parlare. Infatti, la situazione è angosciante e non risolve affatto il problema, non lo affronta neppure; invero, lo aggira. Pino e la sua famiglia non sono “protetti” poiché non ci sono forze dell’ordine addestrate a far da guardia, non ci sono neppure telecamere a circuito chiuso o altri sistemi di vigilanza passivi, nulla di tutto ciò. È quindi un sistema a carattere mimetico, non protettivo. Questa strategia volta a nascondere il testimone lascia l’amaro in bocca, poiché è evidente che, per quanto lontano e coperto possa essere, non è comunque protetto e conseguentemente vive in uno stato di insicurezza persistente.
Questo, gli imprenditori, lo sanno! E per questo pagano il pizzo!
Inoltre, cosa forse più grave ancora, è il cittadino onesto che viene allontanato e non il mafioso! Psicologicamente è devastante, per una politica volta a contrastare la criminalità organizzata, ed è facile concludere che è un’organizzazione fallimentare: se non si dispongono sufficienti risorse volte a tutelare seriamente i testimoni di giustizia il messaggio che traspare è che chi denuncia sarà isolato, abbandonato e non protetto. Questo comportamento lassista assunto dallo Stato è biasimevole. Infatti nessuno più denuncia.
Non solo, ma proprio di questi giorni è la notizia che Giovanni Tegano, principale ricercato e arrestato dopo 17 anni di latitanza, è stato applaudito fra le grida di “Uomo di pace!” fra il consenso e la stima verso il boss. A questo proposito va detto che l’apprezzamento è stato fatto da parenti e persone a lui vicine, ma ciò che più dispiace è che i cittadini onesti hanno paura ed infatti erano totalmente assenti.
La situazione è quantomeno criticabile e necessita di immediate contromisure.
La strada da percorrere, pertanto, è diametralmente opposta! Il metodo corretto per affrontare la criminalità organizzata si basa sul semplice principio di mettere il cittadino in condizioni tali per cui comportarsi onestamente e denunciare eventuali illegalità sia conveniente. A tal fine è necessario prendere coscienza che la mafia calabrese non è un problema calabrese ma è un problema di tutti e ci tocca da vicino. Ognuno deve fare la sua parte. In secondo luogo, bisogna cambiare la mentalità comune, occorre che il cittadino che si rivolge alle istituzioni venga fatto emergere, in assoluta sicurezza e protezione, in modo da lanciare il messaggio di una forte e granitica presenza dello Stato al fianco di coloro che denunciano mostrando grande coraggio.
Noi li chiamiamo eroi, ma dal loro punto di vista siamo noi in difetto:
“denunciare deve diventare la normalità”
e proprio questo è il messaggio che Pino Masciari vuole lasciare. Si rivolge così alla Società Civile e gruppi spontanei di ragazzi e adulti che sposano la causa e lo affiancano in ogni sua scelta si diffondono presto in tutto il Paese. Da una parte le associazioni antimafia, dall’altra i cittadini interessati e indipendenti, tutti si uniscono e contribuiscono a creare quella rete che tappa gli enormi buchi lasciati dalle istituzioni. Oggi gli Amici di Pino Masciari sono dappertutto, anche all’estero, e sposano la causa comune che un’Italia libera dalle mafie non è una scelta da demandare al Parlamento ma è soprattutto un dovere di ogni cittadino. Il loro lavoro è coordinato anche in rete sul blog omonimo www.pinomasciari.org.
Ma cosa può fare nel concreto ognuno di noi?
Noi giovani dobbiamo “svegliare le coscienze” dei nostri genitori, “tornare ai valori veri, crederci, essere responsabili”.
Ne vale la pena?
“Sempre.”. Iniziamo a farlo noi, iniziamo ad agire. Gli altri ci seguiranno, Pino Masciari ci farà da guida.
È fine serata e l’imprenditore si alza per andare a prendere una boccata d’aria. Con gli occhiali nel taschino e il plico di carte in mano.






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20.05.2010
LIBERA TERRA A BOLZANO



Iniziativa Libera Terra a Bolzano
Legacoopbund, socia dell’Agenzia Cooperare con Libera Terra, organizza
martedì 25 maggio alle ore 15 nella Sala Heini Oberrauch in Corso Libertà 35 a Bolzano
un pomeriggio di sensibilizzazione alle attività delle cooperative sociali che gestiscono i beni confiscati alla criminalità organizzata in diverse regioni italiane.
Si possono sostenere concretamente le attività di queste cooperative sociali attraverso l’acquisto dei prodotti a marchio Libera Terra oppure attraverso la partecipazione a E!state Liberi!, ossia ai campi estivi di lavoro sui terreni confiscati alle mafie. È su questi due temi che si soffermeranno gli interventi del 25 maggio. Inoltre alcuni studenti di Bolzano racconteranno la loro esperienza di volontariato presso le cooperative sociali di Libera Terra.
Siete tutti invitati a partecipare e ad estendere l’invito alle persone che potrebbero essere interessate.
Initiative “Libera Terra” in Bozen
Legacoopbund, Mitglied der „Agentur Cooperare con Libera Terra”, organisiert am
Dienstag, den 25. Mai um 15 Uhr im Heini Oberrauch Saal in der Freiheitsstr. 35 in Bozen
eine Initiative für die Sensibilisierung bezüglich der Tätigkeiten der Sozialgenossenschaften, welche Güter betreiben, die dem Organisierten Verbrechen konfisziert wurden.
Man kann diese Sozialgenossenschaften durch den Einkauf der Produkte unter dem Warenzeichen „Libera Terra“ oder durch die Beteiligung an E!state Liberi!, Feriencamps auf den Feldern der einstigen Mafia-Bosse, konkret unterstützen. Die Berichte am 25. Mai werden diesen zwei Themen gewidmet.
Zudem werden einige Studenten aus Bozen über ihre Erfahrung bei den Sozialgenossenschaften Libera Terra berichten.
Ihr seid alle herzlichst eingeladen und wir bitten Euch diese Einladung an allen Interessierten weiterzuleiten.



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23.05.2010
RICORDANDO CAPACI


23 maggio, una data da ricordare. Il 23 maggio è l’anniversario della strage di Capaci, in cui 18 anni fa persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e tre agenti della loro scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
Ricordiamo il 23 maggio lasciandovi il link dell’ultima intervista a Paolo Borsellino, fatta da Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo e ripresa da Rainews 24 il 23 maggio scorso.



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16.06.2010
LA 'NDRANGHETA VOLEVA LE MELE TRENTINE
«La ’ndrangheta dell’Aspromonte aveva messo gli occhi sulle mele trentine». Un annuncio più choc Roberto Saviano non poteva farlo. Davanti a quasi mille persone che gremivano l’auditorium Santa Chiara lo scrittore anticamorra ha dato un esempio della pervasività delle mafie. Citando atti di un’i nchiesta calabrese ha rivelato che il prodotto più tipico del Trentino stava per finire sotto il controllo del crimine organizzato.


Roberto Saviano. Foto di Cristiano Corsini. Rilasciata sotto licenza Creative Commons
Successivamente, il procuratore capo di Trento, Stefano Dragone, ha aperto un fascicolo per conoscere la fonte delle affermazioni di Roberto Saviano su un presunto tentativo delle organizzazioni criminali aspromontine di entrare nella distribuzione delle mele di Trento, che il giornalista e scrittore aveva riferito essere materia di un’inchiesta calabrese.




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26.07.2010
RICORDANDO RITA ATRIA
Diciotto anni fa, il 26 luglio 1992, moriva Rita Atria, testimone di giustizia di 17 anni,  gettandosi da un palazzo di viale Amelia a Roma. La ricordiamo, insieme a molti altri:


“Forse un mondo onesto non esisterà mai,
ma chi ci impedisce di sognare.
Forse,
se ognuno di noi prova a cambiare,
forse ce la faremo”
r.a.


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21.07.2010
MIO PADRE è MORTO SORRIDENDO
Pubblichiamo uno dei passaggi della testimonianza del figlio del giudice Paolo Borsellino che chiude il libro “Era d’estate”, curato dai giornalisti Roberto Puglisi e Alessandra Turrisi- Pietro Vittorietti editore
Non vidi mio padre, o meglio i suoi “resti”, perché quando giunsi in via D’Amelio fui riconosciuto dall’allora presidente della Corte d’Appello, il dottor Carmelo Conti, che volle condurmi presso il centro di Medicina legale dove poco dopo fui raggiunto da mia madre e dalla mia nonna paterna. Seppi successivamente che mia sorella Lucia non solo volle vedere ciò che era rimasto di mio padre, ma lo volle anche ricomporre e vestire all’interno della camera mortuaria. Mia sorella Lucia, la stessa che poche ore dopo la morte del padre avrebbe sostenuto un esame universitario lasciando incredula la commissione, ci riferì che nostro padre è morto sorridendo, sotto i suoi baffi affumicati dalla fuliggine dell’esplosione ha intravisto il suo solito ghigno, il suo sorriso di sempre; a differenza di quello che si può pensare mia sorella ha tratto una grande forza da quell’ultima immagine del padre, è come se si fossero voluti salutare un’ultima volta.
di Manfredi Borsellino


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21.07.2010
'NDRANGHETA: UNA VALANGA DI MERDA IN LOMBARDIA
di Giulio Cavalli
Scrivo questo pezzo con rabbia. Che non sarà certo un sentimento nobile e sicuramente non è elegante per il mio ruolo (che ancora qualcuno dovrebbe spiegarmi in un gioco di rimbalzi e delazioni che mi hanno trascinato su tavoli diversi da giullare scarso a politicante interessato). Non è elegante, mi dicono, lasciarmi prendere dalla pancia che è una zona molle. Eppure oggi provo rabbia.
Il circolo "Falcone - Borsellino" ripreso dai carabinieri
Forse perché mentre scrivo sono di fianco ai nomi di questo Consiglio Regionale che vengono “segnalati” nell’ordinanza e nemmeno troppo preoccupati stanno preparando la strategia difensiva tutta di comunicazione e per niente sui fatti, i riscontri e la realtà.
 intitolato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sorrido perché non potranno rimanere impuniti: impuniti loro e impuniti tutti quelli che non sentono e non vogliono sentire, in una palude di immobile e latente inciviltà dove informare è un atto di coraggio. Non si potrà stare a lungo impuniti a forza di giocare a fare i sordi: magari mangiati, comprati, giudicati, annessi o complici. Perché il silenzio è complice. E allora mi sia giustificata la rabbia davanti ad un silenzio gelatinoso e interessato che oggi sanguina come di certo non si può nascondere. Lasciando per un secondo il tempo delle analisi, delle considerazioni, dei risvolti politici o criminali. Mi si lasci la rabbia e il sorriso di guardare oggi negli occhi chi gioca a sommergersi tenendomi la testa sott’acquaintitolato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sorrido perché non potranno rimanere impuniti: impuniti loro e impuniti tutti quelli che non sentono e non vogliono sentire, in una palude di immobile e latente inciviltà dove informare è un atto di coraggio. Non si potrà stare a lungo impuniti a forza di giocare a fare i sordi: magari mangiati, comprati, giudicati, annessi o complici. Perché il silenzio è complice. E allora mi sia giustificata la rabbia davanti ad un silenzio gelatinoso e interessato che oggi sanguina come di certo non si può nascondere. Lasciando per un secondo il tempo delle analisi, delle considerazioni, dei risvolti politici o criminali. Mi si lasci la rabbia e il sorriso di guardare oggi negli occhi chi gioca a sommergersi tenendomi la testa sott’acqua
Come al solito. Però scrivo con il sorriso. Il sorriso nel leggere le intercettazioni dove queste merde criminali trapiantate anche qui si sentono braccati come topi di fogna mentre si dicono “questa volta non ce la scampiamo”, con la Boccassini sulle carte a tenere la barra diritta in un’operazione che comunque passerà alla storia. E allora mi si accende il sorriso ad immaginarmeli Alessandro Manno e Emanuel De Castro che scodinzolano desolati sotto gli stipiti. Mi si apre il sorriso a pensare che la mafia che in Lombardia non esiste ha deciso in Lombardia di chiamarsi proprio “Lombardia”, mentre il boss Pino Neri veniva eletto a Paderno Dugnano in un Centro 
intitolato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sorrido perché non potranno rimanere impuniti: impuniti loro e impuniti tutti quelli che non sentono e non vogliono sentire, in una palude di immobile e latente inciviltà dove informare è un atto di coraggio. Non si potrà stare a lungo impuniti a forza di giocare a fare i sordi: magari mangiati, comprati, giudicati, annessi o complici. Perché il silenzio è complice. E allora mi sia giustificata la rabbia davanti ad un silenzio gelatinoso e interessato che oggi sanguina come di certo non si può nascondere. Lasciando per un secondo il tempo delle analisi, delle considerazioni, dei risvolti politici o criminali. Mi si lasci la rabbia e il sorriso di guardare oggi negli occhi chi gioca a sommergersi tenendomi la testa sott’acqua.


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27.08.2010
PIANO ANTIMAFIA:NOVITA' POSITIVE MA LA ZONA GRIGIA RESTA FUORI
di Luigi Ciotti
Ha molti aspetti positivi il piano antimafia votato in questi giorni in Senato. Positivo che entro un anno il governo s’impegni a redigere un testo unico antimafia che armonizzi una materia giuridica tanto complessa. Apprezzabili le misure di prevenzione, pur trattandosi ancora di direttive, e la volontà di potenziare lo strumento della confisca dei beni – anche se lascia perplessi il termine di un anno e sei mesi, prorogabile fino a un anno, per il passaggio dal sequestro alla confisca.
Bene l’istituzione di una banca dati nazionale così come le misure che entrano subito in vigore: dalla tracciabilità dei flussi finanziari della spesa pubblica, ai controlli fiscali, alle “stazioni” regionali che vigilano sugli appalti e la trasparenza dei contratti, alle operazioni “sotto copertura” anche in relazione ai reati ambientali, al più forte coordinamento degli organismi contro il crimine organizzato.
Passi che, se concretizzati, renderanno più efficace il già ottimo lavoro dei magistrati e delle forze di polizia, ma che non devono farci dimenticare altri aspetti che necessitano a loro volta di una revisione e di un potenziamento.
Penso, ad esempio, alla delicata questione dei testimoni di giustizia. E’ necessaria qui una diversa filosofia nell’approccio al testimone e un più adeguato progetto di reinserimento socio-lavorativo: la stima dei beni di chi è costretto a lasciare la propria terra deve essere fatta tenendo anche conto del costo della vita altrove. Altrettanto delicato il capitolo dei collaboratori di giustizia. E’ certo giusto sottoporre le loro deposizioni ai più rigorosi riscontri, ma non vincolarle a scadenze così rigide, pena la loro inattendibilità e l’uscita dal programma di protezione. Lotta alle mafie significa però anche lotta alle forme di collusione e di illegalità che delle mafie sono spesso la premessa. Penso allora alla necessità di riformare il reato di voto di scambio – nodo del legame tra crimine organizzato e politica – e al più generale problema di etica pubblica: finora i “codici” di autoregolamentazione si sono rivelati deboli argini contro la presenza nelle istituzioni di persone condannate o rinviate a giudizio per gravi reati. O infine al tanto sbandierato, e poi caduto nel vuoto, disegno di legge contro la corruzione. L’Italia è uno dei paesi che ha firmato ma non ancora ratificato la Convenzione penale europea sulla corruzione del 1999 e che ha depenalizzato il “falso in bilancio”, spesso origine di quei fondi neri che foraggiano le attività di corruzione. Ma soprattutto che ha in cantiere un testo sulle intercettazioni dal quale è stato stralciato l’articolo di una legge che dispone indagini ad ampio raggio non solo sulle mafie ma su tutte le attività criminali. Una legge che porta il nome di un magistrato che chiunque si spende per la democrazia non può e non deve dimenticare: quello di Giovanni Falcone.



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30.11.2010
STORIE E NUMERI DI CRIMINALITA' AMBIENTALE




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01.12.2010
ORGANIZZARE IL CORAGGIO
Il 1° dicembre sarà a Trento Pino Masciari per presentare il suo libro “Organizzare il coraggio”. Ne parleremo con Pietro Orsatti, giornalista.
Appuntamento alle 20.30 presso l’auditorium della circoscrizione San Giuseppe/Santa Chiara, in via Perini 2/1.




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