Cascina Caccia


A CACCIA DI LEGALITA'!


Agosto 2010 Torino,

a ospitare gli 11 ragazzi trentini sono i volontari di Libera Piemonte che gestiscono Cascina Caccia.
Ma facciamo un passo indietro, per capire come e perché gli 11 siano arrivati lì. Tutto parte con il lancio del progetto  “a Caccia di Legalità” che si propone di portare alcuni giovani di Trento a scoprire la realtà di un bene confiscato nel nord Italia e affidato alle cure di Libera, per poi costruire con loro uno spettacolo teatrale (sul tema) da mettere in scena a Trento.
E questo porta gli 11 (che conosceremo meglio grazie al diario di viaggio tenuto in quei giorni d’Agosto) a Torino, come si diceva! La settimana passa veloce e lascia molto a chi la vive, soprattutto lascia ai nostri la carica per mettersi in gioco, già a settembre, con il loro spettacolo. Sono i giorni di Educa in quel di Rovereto e non si poteva trovare cornice migliore per la prima dello spettacolo.
I cascini (come ormai vengono chiamati gli 11 in ambiente Libera a Trento) portano in scena lo spettacolo “StaseraCasaLibera” altre due volte con grande entusiasmo.
Per ora li lasciamo così, a godersi il meritato riposo, aspettando la seconda spedizione trentina a Cascina Caccia!


Cominciamo a conoscere i ragazzi trentini che hanno partecipato all’esperienza di Cascina Caccia nel 2010 attraverso le loro parole, quelle parole pubblicate giorno per giorno sul quotidiano “il Trentino” dal 2 agosto al 6 agosto 2010.
Ogni articolo è scritto da due dei ragazzi sotto forma di Diario dalla Cascina.


--- IL DIARIO ---


01.08.2010

Tutti convinti che sia possibile sconfiggere le mafie. Bagagli, due macchine, un furgone, tanto entusiasmo. Trento-Torino:  l'arrivo è già inaspettatamente vicino. Orizzonte infinito, collina, senso di libertà:questo si respira arrivando a Cascina Caccia. Il gruppo trentino, già affiatato grazie al viaggio e grazie ai primi giochi di conoscenza e fiducia, sembra già immerso in questa piccola realtà. Cascina Caccia è una cascina sui colli piemontesi che fu di proprietà dei Belfiore, potente famiglia della 'ndrangheta. La casa fu ereditata da Domenico Belfiore che nel 1983 fu il mandante dell'omicidio di Bruno Caccia, incorruttibile magistrato torinese che dagli anni '60 in poi fu giungendo a far vacillare le basi del dominio malavitoso nella provincia di Torino. Questo fu il primo omicidio di mafia nel Nord Italia. Noi giovani, vittime e carnefici di questa pianta velenosa che cresce sotto i nostri piedi e si arrampica silenziosa, decidiamo di fare questo viaggio per imporci e dire basta a tutto questo. E' facile dire di non essere implicati: il solo fatto di pensare di non essere coinvolti è sintomo di indifferenza e quindi di complicità. Questo angolo verde e rigoglioso del Piemonte testimonia che c'è stato e c'è ancora chi è riuscito a ribelarsi a questo male oscuro. Vogliamo prenderlo da esempio: questa prima tappa è solo l'inizio di un percorso che dura tutta la vita.


Maria Lombardi
Linda Waldner


02.08.2010


Secondo giorno, due agosto, diario dalla cascina. Dopo un giorno di conoscenze con i responsabili del progetto e con i nuovi amici scout romani, la sveglia suona alle otto del mattino, facciamo colazione e iniziamo a lavorare entrando finalmente nel vero spirito della nostra esperienza. Ci vengono presentate le varie attività da svolgere e ognuno prende la sua strada: chi zappa e toglie arbusti per creare un sentiero, chi brucia la paglia, chi smiela e chi infine invasa il miele prodotto. Nell'aria si respira serenità, pace e armonia, tutti uniti per ridare luce ad un posto che per troppo tempo è stato testimone di uno dei più grandi mali italiani: la 'ndrangheta. Dopo un pranzo tutti insieme ed un caffè per recuperare dalle fatiche mattutine Sara, una collaboratrice di Libera, ci introduce il tema delle mafie con un brain storming tramite la nostra partecipazione. Tra le parole che contornano la parola mafia ne risaltano alcune che meglio definiscono tale fenomeno e i suoi obiettivi: potere e denaro. Le vie per raggiungerli sono infinite, il mezzo è trascurabile ciò che conta è il fine. Per questo tali organizzazioni agiscono nella più totale illegalità: dalla semplice intimidazione al più brutale omicidio, dal controllo dei beni di primi necessità allo smaltimento dei rifiuti tossici settentrionali, dal traffico di droga, che controllano su tutto il continente, alla tratta umana, dalla corruzione al riciclo di denaro in opere pubbliche. A tutto questo (per fortuna) si sono opposti, si oppongono e si opporranno uomini e donne che credono ancora che un mondo senza mafie sia possibile. La storia italiana oltre che dal fenomeno criminale è segnata da uomini che hanno dedicato e dedicano la loro vita alla lotta contro la piovra, che estende sempre più i suoi tentacoli ovunque veda la possibilità di guadagno. Questi uomini sono uomini come: Falcone e Borsellino, Niccolò Gratteri, Peppino Impastato, Giancarlo Caselli, Don Luigi Ciotti e tanti altri anonimi che, nel loro piccolo, hanno fatto ciò che era in loro potere per opporsi rischiando la propria vita e quella dei loro cari. L'impegno di costoro, anche se grande, non sempre è sufficiente per questo ognuno deve informarsi e impegnarsi a non rimanere nel limbo: “Nessuno ha mai commesso un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché voleva fare troppo poco” (Edumd Burke).

Enrico Zendron 
Claudio Marchetti


03.08.2010

7.30 sveglia dura davvero dopo una serata di laboratorio teatrale e di giochi attorno al fuoco. Ieri abbiamo passato il pomeriggio-sera con Pietra Nicolicchia, regista palermitana di teatro sociale, con cui abbiamo discusso del ruolo dell'arte teatrale come strumento di impegno civile, della sua esperienza di vita e del suo rapporto con Libera e il contrasto alle mafie. È stata questa una bella opportunità per sperimentarci come “attori” riscoprendo il nostro corpo, liberando la nostra energia creativa e dando più unità al gruppo. Abbiamo bruciato le nostre ultime energie attorno al falò giocando, cantando e ballando insieme agli scout che con noi stanno vivendo quest'esperienza.
E quindi faticaccia alzarsi, ma dopo una buona e abbondante colazione con latte, caffè e miele, prodotto nella Cascina e invasato direttamente da noi, eravamo già pronti per l'approfondimento sui beni confiscati alla mafia. Abbiamo così scoperto che anche in Trentino sono presenti ben 15 beni confiscati: ciò ci ha fatto profondamente riflettere su una realtà che consideravamo lontana ed estranea alla nostra regione.
Pomeriggio in macchina fino a Settimo Torinese: destinazione “il Dado”. Lì abbiamo trovato quello che fino a qualche anno fa era un edificio dismesso e ora è “casa” per cinque famiglie Rom e alcuni rifugiati politici fuggiti da Africa e Medio Oriente. Questo cubo giallo, il Dado, ci ha permesso e permette alla comunità di Settimo di cominciare ad abbattere i muri del pregiudizio verso il diverso e l'emarginato con un ottimo esempio di integrazione sociale. Parlare con chi lo abita e con i ragazzi di Terra del Fuoco e Flare Network, associazioni che si occupano di legalità e nuove cittadinanze che hanno dato vita al Dado, ci ha permesso di approfondire e guardare con occhi diversi un mondo, quello Rom, forse conosciuto solo con superficialità e forse troppo spesso giudicato.
Risaliamo in macchina e ci lasciamo alle spalle il Dado e quella scritta rossa sul muro giallo che ci ha colpito e vogliamo fare nostra: “difendiamo i nostri sogni realizzandoli”.

Annalisa Zanella
Matteo Segatta






04.08.2010

Durante la serata del nostro ormai terzo giorno a Cascina Caccia, un gioco di ruolo ci ha permesso di riflettere su come l'illegalità, la corruzione e l'interesse personale riescano a soffocare e a schiacciare un sistema politico. Possono così essere facilmente inquinati i processi che portano a una limpida e chiara collaborazione tra le parti. Nel corso della mattinata di oggi invece tre grandi fari della giustizia e della legalità hanno acceso i nostri sguardi: Rita Atria, Carlo Palermo e Pino Masciari. Subito ci ha colpito il grande coraggio di una nostra coetanea, Rita. Cresciuta in Sicilia in una famiglia di mafiosi, si è ribellata e ha denunciato il sistema e i loschi affari di Cosa Nostra che l'hanno privata prima del padre e poi del fratello. Una denuncia che agli occhi della madre è ancora un simbolo di disonore per la famiglia. La sua confessione la fa avvicinare a Paolo Borsellino che la protegge facendola trasferire a Roma. Il legame che si crea tra i due porterà Rita, in seguito alla strage di via d'Amelio, a sentirsi troppo sola, senza punti di riferimento. Si suiciderà il 26 luglio 1992, a solo 17 anni, gettandosi dalla finestra del suo appartamento. I brividi ci scuotono ancora ascoltando la storia del magistrato Carlo Palermo. Un' importante indagine di cui si occupa a Trento spinge la magistratura a indagare su di lui e i mafiosi a volerlo morto. Il 2 Aprile 1985 Carlo è in viaggio verso Trapani, lungo il tragitto viene fatta esplodere un'autobomba che colpisce non solo la sua macchina, ma anche quella della famiglia Asta: muore Barbara con i suoi due bambini. Tre vittime innocenti, della cui morte Palermo si sente ancora in colpa. L'imprenditore calabrese Pino Masciari invece si è opposto alla 'ndrangheta rifiutandosi di pagare il pizzo. Inizia così per lui, per sua moglie e per i suoi due figli una “non vita”, una vita che spesso Masciari ha definito “da deportati”: vengono costretti a trasferirsi lontano da casa e per ben undici anni vivranno in solitudine, sotto copertura, ad Arco di Trento. Diventa così un testimone di giustizia, figura introdotta nella legge italiana solo nel 2001 per distinguere i collaboratori di giustizia, spesso noti come “pentiti”, dalle persone che, senza volerlo, si ritrovano a dovere fare i conti con la mafia e decidono di denunciare le pressioni. Purtroppo però queste persone vengono spesso dimenticate ed essere testimone di giustizia in Italia significa spesso andare via dalla propria famiglia, vivere isolati, muoversi solo con la scorta non sempre garantita, non potendo incontrare amici né parlare con nessuno, non avere più un nome. Sicuramente per cambiare le cose l'informazione e la comunicazione giocano un ruolo fondamentale. Nel pomeriggio siamo andati a Torino, al Performing Media Lab, laboratorio di utilizzo sociale dei nuovi media, che ha sede nell'officina confiscata al camorrista Ciro Peluso. Ora lì si mettono a disposizione competenze e tecnologie per combattere la criminalità organizzata attraverso progetti, come la webradio Ohm, che vogliono garantire sostegno e visibilità ai testimoni di giustizia. Un corretto uso della comunicazione consente infatti di far conoscere alla popolazione la lotta e il coraggio di questi uomini e donne perchè come dice Pino Masciari “ogni persona che viene a conoscenza della mia storia mi allunga la vita di un giorno”. Oggi venti persone in più hanno conosciuto la storia di quest'uomo. Siamo orgogliose di essere tra loro.

Natasa Vuckovic 
Giulia Turrina


05.08.2010

La sveglia suona regolare alle 8 in punto. La luce che entra dalle imposte e che ci accarezza gli occhi stropicciati dal sonno oggi è solo un bagliore pallido e grigio. La pioggia disseta la terra arida da giorni. Ci alziamo un po' più stanchi del solito ma accompagnati dal bisogno di non restare indifferenti e dalla voglia di fare, conoscere e crescere. Nelle nostre teste rimbombano le immagini di Biùtiful Cauntri, documentario shock sull'ecomafia in Campania. Ieri sera una trentina di occhi gonfi davanti a uno schermo veritiero e rivoltante fissano la “favola” italiana. Siamo la barzelletta europea, un popolo debole ai piedi dei media e del consumismo, a volte ingenui bambini, a volte omertosi collaboratori. Siamo veramente questo?
Dopo l'abbondante colazione ci prepariamo a incontrare Anna Cascini, collaboratrice di Libera. Con lei approfondiamo una nuova parola: sostenibilità. A volte ci sentiamo parte passiva di ciò che accade attorno intorno a noi. Uomini civilizzati che spesso dimenticano di essere parte integrante di un ecosistema vivente.

L'uomo consuma in maniera esagerata rispetto alla capacità della terra di rigenerarsi, spesso e volentieri alimentando la grande macchina del consumo. E cosa possiamo fare per sconfiggere questo cancro che divora la nostra terra e che allo stesso tempo suona a parole così distante? È partendo dalle piccole cose: evitando prodotti fuori stagione, restringendo il tempo sotto la doccia, limitando l'uso della macchina o non ricercando unicamente la perfezione estetica, ma piuttosto la provenienza, per esempio con prodotti a KM0 e una serie di altre piccole attenzioni.
È proprio lavorando questa stessa terra, sfruttata, violentata, testimone per troppo tempo di complotti 'ndranghetisti, a cui ci siamo dedicati nel pomeriggio. Zappando quelle curve morbide si costruisce in noi, passo dopo passo, zolla dopo zolla la convinzione che siamo noi i primi a dover gestire in maniera coscienziosa questa nostra dimensione che chiamiamo Terra.



Sarah Miclet
Sara Giacomoni


06.08.2010

Penultimo giorno a cascina caccia. Ci svegliamo quest'oggi ancora entusiasti e sorridenti nel ricordare il gioco di ruolo propostoci ieri sera. Interpretando dei personaggi abbiamo potuto riprodurre e vivere in prima persona le realtà e le dinamiche così radicate nel sistema mafioso, finora approfondito. Durante la mattina, accarezzati dai tiepidi raggi del sole, ci dedichiamo al lavoro, curando con attenzione l'orto, costruendo un sentiero, invasettando il miele ed occupandoci delle pulizie del casolare. Il tutto allietato da cori e canti improvvisati da noi ragazzi innamorati della vita. Le ore trascorrono veloci, e finalmente giunge l'incontro con Giulio Cavalli, scrittore e attore di teatro, nonché consigliere regionale in Lombardia. Cavalli, è attualmente in Italia l'unico attore sotto scorta, poiché con il suo teatro ha sbeffeggiato la mafia, diventando come egli stesso si definisce un “arlecchino contemporaneo”. Negli ultimi anni ha girato l'Italia, in particolare la Sicilia, facendo satira sulla mafia, caso quasi unico in Italia. La sua ricerca non si è fermata al Sud, ma è approdata anche nella sua Lombardia, dove ha reso pubblici gli intrallazzi di imprenditori e politici lombardi collusi con la mafia usando la stessa verve comica e irriverente. Ed è stata proprio questa scelta che ha profondamente stravolto la sua vita. Da due anni a questa parte infatti Giulio vive sotto scorta. Il discorso ha però seguito una linea più generale, sottolineando l'importanza dello studio di tali tematiche, non solo in maniera teorica, ma agendo, in maniera concreta. Da qui nasce il nesso fra arte e impegno civile. Attraverso la parola, l'arma che ognuno di noi ha a disposizione. È questo lo strumento usato dalle persone che fino ad oggi hanno fatto dell'anti­mafia la loro bandiera. Anti­ mafia significa esserci, essere italiani e coltivare la bellezza che è in noi e nel nostro paese, per dirlo con le parole di Peppino Impastato “bisognerebbe ricordare alla gente che cos'è la bellezza. Aiutarla a riconoscerla e a difenderla.” sono state proprie le sue parole che hanno acceso in noi il desiderio di riportare in Trentino la testimonianza di quest'esperienza, e siamo convinti che ognuno di noi farà il possibile per mettere in scena le informazioni, le emozioni, le aspettative di questo viaggio nell'anti­mafia, per esserne così una nuova parte attiva e cosciente.

Chiara Romeo






Leggendo il diario dalla cascina del 3 Agosto a qualcuno sarà sorta la domanda «Cos’è il Dado?», diamo qui una risposta molto breve e l’invito a consultare il sito di Terra del Fuoco per maggiori notizie. Il Dado è la prima esperienza di autorecupero e autocostruzione rivolta alla comunità Rom in Piemonte.





Segnaliamo anche l'intervista rilasciata a Questo Trentino da alcuni dei ragazzi a marzo 2011, un elemento in più per conoscere questi giovani.