giovedì 19 luglio 2012

A VENT'ANNI DALLE STRAGI.

"AFFINCHè I MORTI APRANO GLI OCCHI AI VIVI"
(M. Djordjevic)

23 maggio 1992 - 23 maggio 2012
Ricordo Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.

19 luglio 1992 - 19 luglio 2012
Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. L'unico sopravvissuto: Antonino Vullo.





"Quando è morto Falcone avevo 12 anni. Ero a Paestum, dove forse mi avevano già spedito in vacanza. Oppure semplicemente ero lì con tutta la famiglia per il fine settimana.
Un fine settimana di maggio. Ricordo solo che stavo in cucina, che la televisione era accesa e che mia zia d'improvviso si mise davanti alla tv. La coprì tutta con la sua schiena. Noi bambini non capivamo perché non volesse vedere, non capivamo perché volesse oscurare tutto. Giocavamo con una palla di gommapiuma in casa, non stavamo nemmeno guardando la tv, eppure lei si mise davanti, col suo corpo minuto, a coprire lo schermo quadrato di una piccola e vecchia Sony. Aveva le lacrime agli occhi, ci guardava come se non ci vedesse, agitava la testa e ripeteva "No, no, no". Nessuno di noi faceva domande.

I bambini del Sud cresciuti negli anni '80-'90 con faide di mafia, tensioni continue in strada e in casa, polizia e posti di blocco, sanno contenere le domande. Sarebbe stato naturale puntare il ditino verso lo schermo e chiedere spiegazioni. Noi no. Non chiedevamo, sentivamo che era accaduta la solita cosa, quella che quando accadeva se chiedevi qualcosa ti guardavano storto e chiudevano con "Niente, niente". Ricordo di essermi seduto a terra, gambe incrociate all'indiana, come faccio ancora oggi, e mi guardavo intorno. Fuori sentivo che tutte le case dei vicini avevano la tv accesa. Qualcuno la radio. C'era un silenzio irreale. Solo le voci dei bambini.

Il Tg3 confermò l'attentato. C'era una donna con i capelli corti che ne parlava da Palermo e ogni tanto si vedevano immagini incredibili: cemento e terra divelta. Lamiere e tante persone che si aggiravano come in trance tra le macerie. Capii che avevano ucciso un giudice e dei poliziotti. Mi feci coraggio e infransi la regola del bimbo di paese che non deve mai fare domande sul sangue e sui morti ammazzati. Riuscii finalmente ad alzarmi e chiesi: perché? Il 19 luglio dello stesso anno si è ripetuta una scena simile. Sempre a Paestum. Ricordo caldo afa sudore e lacrime. Lacrime per una morte che anche un dodicenne sentiva come annunciata. E oggi siamo ancora qui a chiederci: Perché? Come? Chi?" (Roberto Saviano)


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