COOPERATIVA
“LAVORO E NON SOLO”
(13–21
agosto 2012) Corleone - SICILIA
di Elisabetta Sardelli e Maria Chiara Pavesi
Una
fotografia: una ventina di ragazzi che camminano in mezzo a dei
filari di viti. La terra accanto è arsa e brulla, nell’area si può
sentire l’ odore della terra e del caldo siciliano. Soffermandosi
un momento a guardare meglio si può intuire la gioia e l’
entusiasmo di quei ragazzi, pronti a lavorare nei campi per tutta la
mattina, nonostante il caldo e la fatica. Ragazzi che hanno deciso di
passare una o due settimane della propria estate sui territori
confiscati alla mafia, perché: “Ogni pomodoro raccolto, ogni
vite sistemata è uno schiaffo alla mafia.”
Sono
passati alcuni mesi da quando siamo tornate, ma appena la mente torna
indietro a quella settimana, a quel luogo così arso e brullo, alle
persone incontrate e ai luoghi visitati, alle mattine spese sui campi
a sistemare vigneti o a raccogliere pomodori, gli occhi si riempiono
di ricordi e il cuore di gioia.
È
difficile spiegare cosa abbia significato per noi andare ai campi di
lavoro quest’estate. Quando siamo salite sull’aereo avevamo
motivazioni e un percorsi diversi, con un pensiero che ci accomunava:
la voglia sporcarci le mani e vivere una settimana di condivisione,
lavoro e testimonianze insieme a tanti altri giovani, secondo quegli
ideali che da tempo ci accompagnano. Quest’esperienza ci ha
permesso di faticare sui campi, ma soprattutto di vivere un momento
di crescita personale: abbiamo capito che combattere la piaga della
mafia è possibile. Abbiamo conosciuto nuovi amici, compagni di
viaggio che condividono con noi la stessa voglia di capire, di alzare
la testa e dire NO, no alla mafia. Abbiamo incontrato persone che
hanno fatto della loro vita una lotta continua alla mafia perché
credono con tutto il cuore che cambiare è possibile, perché amano
la loro terra, e con impegno e dedizione, nella semplicità e
quotidianità della vita, si adoperano per un futuro libero.
La
cooperativa “Lavoro e non solo” - partner di Libera, insieme
all’ARCI , organizza nell’ambito del progetto “LiberArci dalle
Spine” campi di lavoro sui terreni confiscati alla mafia per tutto
il periodo che va da maggio ad ottobre.
Casa
Caponnetto, in via Crispi, a Corleone, è diventa la nostra nuova
casa: una volta era della famiglia Grizzaffi, nipoti di Riina, ora è
casa nostra, è la casa di tutti i ragazzi e le ragazze che
partecipano ai campi, è la casa dei soci della cooperativa, di
chiunque voglia passare per Corleone e fermarsi due o tre giorni per
conoscere quest’antimafia, fatta di tanto sudore ed impegno ma
anche di tanta speranza.
I
campi offrono anche momenti di incontro, innanzi tutto con i soci
della Cooperativa –tra cui Calogero, Franco, Salvatore e Bernardo
-, che ci hanno accompagnati durante tutta la settimana, momenti per
conoscere meglio la storia della cooperativa stessa, da dove è nato
il progetto “LiberArci dalle spine” e cosa voglia dire lavorare
sui campi e aver fatto questa scelta di vita, e poi incontri con
personaggi come Pino Maniaci e i sopravvissuti alla strage di
Portella della Ginestra, e visite in alcuni luoghi simbolo come la
tomba di Placido Rizzotto e il Laboratorio della Legalità, a
Corleone.
Momenti
di crescita ed educazione, che offrono spunti di riflessione forti e
concreti che ci spingono a interrogarci sul nostro impegno, e a
guardare la realtà che ci circonda con occhi ancora più critici.
“I
campi e i laboratori sono l'esempio che, anche in quei luoghi dove la
mafia ha spadroneggiato, è possibile ricostruire una realtà sociale
ed economica fondata sulla legalità e sul rispetto della persona.”
Questo
campo ci ha fatto capire che il mafioso può essere ricchissimo e
avere un sacco di collegamenti politico-economici ma se al mafioso
togli la terra, la presenza sul territorio, la stima delle persone
che lo circondano, il mafioso non è più nulla. E quindi la lotta a
questa “montagna di merda” (cit. Peppino Impastato)
bisogna iniziarla proprio a casa loro, sui loro terreni, in mezzo
alle loro famiglie. Farsi vedere e essere testimoni di cambiamento e
valori sani.
Quello
che a noi ha colpito maggiormente, però, è stato parlare con quelle
persone che a Corleone ci vivono: Franco, Calogero e Salvatore e
tutti gli altri soci della cooperativa. Non possiamo dimenticare i
loro occhi e le loro mani: occhi pieni di passione, amore, coraggio e
anche paura (paura perché scegliere di essere diversi, schierarsi
dalla parte dell’antimafia a Corleone, è rischioso: Franco ci
raccontava di come, la mattina, guardava i suoi figli andare a scuola
con la paura di non rivederli più, o di come spesso si accorgeva di
essere seguito da una macchina), e mani ruvide e sporche di terra,
mani di contadini, mani che lavorano e si sporcano per migliorare
questo mondo, per “liberarci dalle spine della mafia”.
Quello
che abbiamo imparato è che tra Trento o Corleone non c’è molta
differenza: impegnarsi in prima persona è fondamentale per costruire
un futuro di libertà, verità e giustizia, come invita il Giudice
Antonino Caponnetto rivolgendosi ai giovani: “ Ragazzi, godetevi
la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa
nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza
degl’ideali. Non abbiate paura di pensare, di denunciare e di agire
da uomini liberi e consapevoli. Siate attenti, siate vigili, siate
sentinelle di voi stessi! L’avvenire è nelle vostre mani.
Ricordatevelo sempre!”
mai come in questo periodo, la nosta Italia se non il nostro mondo ha bisogno di uomini e donne consapevoli e cosapevolmentemi liberi.
RispondiEliminami piace proprio, gianni